Microlezioni di grammatica: 2. Quando è obbligatorio indicare il soggetto?

Cinque argomenti che conviene affrontare in aula per arrivare a scrivere con chiarezza (nei temi, nelle prove d’esame, in tutti i testi che ci troveremo a produrre). La seconda lezione in un articolo per www.illibraio.it.

 

La precisione grammaticale è un valore in sé, non solo perché fa prendere bei voti a scuola ma anche perché è cosa buona e giusta presentarsi a chi ci legge con un testo pulito e corretto (molte persone, sapete, si irritano se si trovano davanti un testo sciatto o mal scritto, anche se si tratta di un semplice messaggio di WhatsApp). Ma la consapevolezza grammaticale ha un significato che va al di là delle belle o brutte figure, e queste microlezioni vogliono essere anche un pretesto per far capire che lo studio della grammatica può e deve diventare l’occasione per imparare a comunicare nella maniera più efficace: gli errori e le imprecisioni di cui magari non ci rendiamo conto sono un ostacolo che impedisce a chi ci legge o ascolta di capire quello che vogliamo dire. E l’argomento di oggi – l’uso del soggetto – riguarda molto da vicino proprio la chiarezza e l’oscurità.

 

2. Il soggetto latitante

 

Osservate questo titolo di giornale, che risale ad alcuni anni fa:

 

Insidia sua figlia, gli dà fuoco

 

Quest’altro è più recente, ed è comparso nella homepage di un quotidiano nazionale (un’altra truce notizia di cronaca nera):

 

titoli giornale soggetto sottinteso cambio

 

I titoli di giornale seguono regole e convenzioni particolari, per quanto riguarda sia la punteggiatura sia la grafica, e naturalmente servono solo da richiamo, non possono trasmettere tutte le informazioni contenute nell’articolo. Però è evidente che questi due titoli sono particolarmente oscuri: non si capisce chi fa cosa. Notate che il problema non sta nell’assenza del soggetto in sé. Se vi imbattete in un titolo come “Sale sul treno per andare a Bari, si risveglia a Parigi”, non saprete se il protagonista è un uomo o una donna, una bambina o un pensionato, ma la notizia in sé è chiarissima.

Il problema di quei due titoli sta nel fatto che il soggetto cambia e il lettore non ha modo di capirlo (se non leggendo l’articolo). Nel primo caso, un uomo molesta la figlia di un altro e quest’altro dà fuoco al primo; nel secondo, un uomo corteggia la sorella di un altro e quest’altro, mentre tenta di bruciare la casa del primo, muore nell’incendio. (Notate anche che proprio la presenza in incognito di due soggetti diversi rende particolarmente oscuri i pronomi personali e gli aggettivi possessivi, gli e sua, tanto che molti lettori avranno fatto ipotesi errate su ciò che è successo.)

Questi due titoli sono sbagliati perché non tengono conto di un principio essenziale della sintassi italiana: in italiano bisogna dare per scontato che, se non viene introdotto un nuovo soggetto, il soggetto resti lo stesso. In altre parole: se cambia il soggetto che compie o subisce l’azione, è obbligatorio dichiararlo.

 

È un principio che discende da un’altra caratteristica della nostra lingua. In italiano, contrariamente a quanto succede in molte lingue moderne, non è obbligatorio esprimere il soggetto di ciascun verbo: nella frase “ho mangiato una mela” non è necessario inserire il pronome io per far capire chi compie l’azione, mentre nella corrispondente frase inglese (“I ate an apple”) il verbo deve essere preceduto dal pronome perché altrimenti non si potrebbe capire a quale persona ci si riferisce (il verbo non ha desinenze che cambino a seconda della persona; la funzione di desinenza è svolta dal pronome). Dunque in italiano possono stare in piedi anche brani come questo, in cui non c’è neanche un pronome personale soggetto:

 

Sono passato a prenderla in ufficio; aveva il raffreddore, così ha chiesto di andare subito a casa. In macchina ho cominciato ad avvertire un cerchio alla testa; sotto casa sua ha detto che avrebbe messo sullo stereo un vinile dei Black Sabbath sparato a tutto volume. A suo avviso era l’unica terapia che funzionava. Quando ho riavviato la macchina il cerchio alla testa era diventato una morsa.

 

Grazie all’alternanza di prima e terza persona, a pronomi personali come il la in prenderla, alla concordanza dei participi (sono passato) si capisce chiaramente, anche senza che i soggetti siano espressi, che si tratta di un uomo (il narratore che dice io) e di una donna, quali sono i rispettivi malanni, che cosa fanno. Ma se trasportiamo lo stesso brano alla terza persona e al passato remoto, guardate cosa succede:

 

Passò a prenderla in ufficio; aveva il raffreddore, così chiese di andare subito a casa. In macchina cominciò ad avvertire un cerchio alla testa; sotto casa sua disse che avrebbe messo sullo stereo un vinile dei Black Sabbath sparato a tutto volume. A suo avviso era l’unica terapia che funzionava. Quando riavviò la macchina il cerchio alla testa era diventato una morsa.

 

In questa versione possiamo stabilire con certezza solo che c’è una donna (per via di quel prenderla), ma non c’è modo di capire se l’altra persona sia maschio e femmina, siamo indotti ad attribuire raffreddore e mal di testa alle persone sbagliate e a pensare che una di queste curi l’emicrania con l’heavy metal sparato a tutto volume. Anzi, in realtà dovremmo credere che a compiere tutte le azioni sia la persona che arriva in macchina.

È esattamente quello che succedeva nei titoli di giornale che abbiamo visto all’inizio: se non introduciamo esplicitamente un nuovo soggetto quando la persona o la cosa che compie o subisce l’azione non è più la stessa, il nostro testo diventa incomprensibile, (cade il presupposto di qualunque comunicazione, se non è chiaro di chi o cosa stiamo parlando). Osservate quest’altro esempio:

 

Il direttore viene svegliato all’alba da uno dei suoi collaboratori. Angustiato e imbarazzato gli chiede consiglio perché è successo qualcosa di imprevedibile.

 

Chi è angustiato e imbarazzato, il direttore o il collaboratore? Poiché nella prima frase il soggetto è il direttore, la sintassi e la logica grammaticale ci spingono a credere che lo sia anche nella seconda, in cui il soggetto è sottinteso. È ovvio però che le cose stanno diversamente; perciò, per adeguare la sintassi alla realtà, è necessario un piccolo intervento:

 

Il direttore viene svegliato all’alba da uno dei suoi collaboratori che, angustiato e imbarazzato, gli chiede consiglio perché è successo qualcosa di imprevedibile.

 

Questo “principio di continuità del soggetto”, se vogliamo chiamarlo così, ha un’importante applicazione in un altro settore della sintassi: quello delle subordinate implicite (cioè le frasi dipendenti in cui il verbo non è coniugato ma è in forma indefinita). Nell’italiano standard di oggi, il soggetto sottinteso di una subordinata con il gerundio deve essere lo stesso della principale. Posso dire “Ho imparato un sacco di cose sulle balene leggendo Moby Dick” (il soggetto di leggendo è l’io soggetto di ho imparato); invece la frase che segue non funziona: “Guardavo dalla finestra i marinai che salivano sul peschereccio. Avanzando sul molo, me li immaginavo come gli uomini del capitano Achab”. Ad avanzare sul molo sono i marinai, mentre il soggetto della principale è io; per questo in nome della chiarezza e della sintassi dobbiamo rendere esplicita la frase, scrivendo: “Mentre avanzavano sul molo, me li immaginavo…”.

Lo stesso vale per molte subordinate implicite con l’infinito. Non è accettabile una frase come “Dopo averle portato le uova, la nonna si è messa a preparare la torta”; se è Cappuccetto Rosso che ha portato le uova alla nonna, e dunque il soggetto è diverso, bisogna dire: “Dopo che Cappuccetto Rosso le ha portato le uova, la nonna si è messa a preparare la torta”.

 

La cosa che mi interessa sottolineare non è tanto la regola sintattica, quanto il fatto che qui la grammatica è davvero al servizio della chiarezza: riflettere sui principi che regolano alcune strutture fondamentali della lingua ci aiuta a esprimerci in maniera chiara e precisa.

 

 

Questo articolo è stato pubblicato su IL LIBRAIO lunedì 19 settembre 2016.

2 Commenti
  • irmar
    Rispondi

    Oltre al cambio di soggetto e al gerundio, c’è anche un altro caso in cui mettere il pronome personale aiuta a chiarire chi compie l’azione. E questo sono le prime tre persone singolari del congiuntivo, che sono uguali.
    “Bisogna che vada a casa presto”. Chi? Che io vada, che tu vada o che lei vada?
    Se non è chiarissimo dal contesto, il pronome è l’unico modo per chiarire.

    20 maggio 2020 at 14:35

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