Ancora sulle (pseudo) ripetizioni
Lo so, sono ripetitivo: articolo banale ma necessario in cui si spiega perché in molti casi è vietato usare “l’uomo” o “la donna” per non ripetere un nome.
Notizia su un settimanale locale: è stata dedicata una via a un professore di liceo morto dieci anni fa, illustre esponente della cultura cittadina, animatore di una società archeologica eccetera. Dopo il primo capoverso, l’articolo prosegue così:
L’uomo, per quasi mezzo secolo, è stato uno degli insegnanti di spicco al liceo classico…
Non contento, l’articolista apre il capoverso seguente con la frase:
L’idea di dedicare all’uomo una via…
Ora, è impossibile usare “l’uomo” (o “la donna”) per sostituire il nome di una persona ben nota o addirittura illustre. Nessuno (be’, quasi nessuno) potrebbe scrivere:
Il titolo di primo console non bastava più a Napoleone. L’uomo volle farsi incoronare imperatore.
Lo stesso vale per i personaggi di un romanzo: chi ha un nome, è già stato presentato, ha un ruolo importante, ha una qualche relazione di parentela o di lavoro o personale con un protagonista non può essere chiamato “l’uomo” o “la donna”. Se fosse proprio impossibile ripetere il suo nome, lo si indicherà per esempio con il grado di parentela che lo definisce.
Quando invece è lecito, in un articolo di giornale o in un tema a scuola, usare “l’uomo” o “la donna”? Quando la persona in questione non ha nome o non è identificabile, per esempio:
Un’escursionista è precipitato in un crepaccio… La donna, 52 anni, è stata recuperata sana e salva da una squadra del soccorso alpino…
Oppure quando si tratta di un poco di buono:
Un rapinatore, A. B., 48 anni, è stato arrestato oggi… L’uomo, dopo essersi fatto consegnare l’incasso della giornata, ha messo un piede su un pattino dimenticato dal figlio della proprietaria del negozio, è caduto, si è rotto un ginocchio ed è stato facilmente immobilizzato dagli agenti di polizia.
Tutto questo dovrebbe essere evidente per chiunque abbia una minima consapevolezza linguistica. Se c’è bisogno di spiegarlo, cominciano i guai (è il classico caso della regola ovvia difficile da spiegare con argomentazioni logiche). È chiaro che non c’è nessuna ragione grammaticale, ma questo non significa che, nei casi che abbiamo visto, il divieto di usare “l’uomo” o “la donna” sia meno tassativo.
Andrea Di Gregorio
Massimo, concordo. Ricordo però (ma potrei sbagliarmi) un risvolto o fascetta in cui Beppe Severgnini ti elogiava e, dopo aver detto che aveva spesso e a lungo discusso teco, doveva ammettere che “l’uomo aveva quasi sempre ragione”. E quell’uomo eri tu. Ricordo bene?
Massimo Birattari
Ricordi giusto (io mi ero scordato questa occorrenza di “uomo”…). E nell’articolo stavo per aggiungere che “l’uomo” non va bene come sostituente automatico, di default, per evitare la ripetizione in un testo di servizio, ma va benissimo se ha un intento espressivo, una sfumatura ironica, come in quel caso o in altri (per esempio uno potrebbe dire, parlando di Einstein: “l’uomo aveva un certo qual talento”): sono diversi lo spirito e il contesto comunicativo (l’articolo di cronaca deve essere oggettivo).
Alla fine ho deciso di riservarmi questa precisazione in un eventuale commento. Grazie per avermene fornito l’occasione.
Kukuviza
Nell’ultimo esempio, se il soggetto in questione non fosse stato un poco di buono e ci fossero state solo le iniziali, non si sarebbe potuto usare “l’uomo”?
Massimo Birattari
Sì, si sarebbe potuto (si rientrerebbe nel caso precedente: quello della persona di fatto sconosciuta). Sta male usare “l’uomo” o “la donna” quando la persona è nota (per ragioni personali o perché è un personaggio pubblico o storico).